I giovani italiani che fanno le valigie dopo la laurea sono sempre di più. Secondo i dati dell’Anagrafe della popolazione italiana
residente all’estero nel 2012 sono stati ben 78.941 i cittadini
italiani che hanno deciso di trasferirsi all’estero. C’è un dato che
spicca, quello degli emigranti della fascia d’età 20-40 anni, aumentati
dal 2011 al 2012 del 28,3%.
La metà più ambita è stata la Germania
che ha accolto 10.520 italiani. Una scelta importante, frutto di un
contesto, quello italiano, che sembra chiudere le porte in faccia tanto
ai giovani talenti, quanto a chi desidera un lavoro normale. Gli elevati
standard lavorativi, la solidità del welfare, la consistenza degli
stipendi e le tasse relativamente contenute costituiscono per i giovani
disoccupati italiani un richiamo importante, qualsiasi sia la loro
formazione.
Per un italiano che voglia andare in Germania non è
necessario un permesso di lavoro, ma è sufficiente adempiere ad alcune
incombenze burocratiche:
1) Anmeldung e A.I.R.E.
Una volta giunti in Germania occorre recarsi al più vicino Burger
Service, il corrispettivo tedesco del nostro ufficio circoscrizionale, e
farsi consegnare l’Anmeldung, il certificato che attesta il nuovo
domicilio. Chi ha intenzione di restare in Germania a tempo
indeterminato può iscriversi all’A.I.R.E. per comunicare il cambio di
residenza ufficiale. Per dimostrare che si abita in Germania occorre
portare con sé il contratto d’affitto.
2) Steueridintetifikationsnummer.
Una volta regolarizzata la propria posizione, si ottiene il
Steueridintetifikationsnummer, equivalente del nostro codice fiscale.
Con questi documenti è già possibile essere regolarmente assunti.
3) Previdenza e copertura sanitaria.
Dopo avere ottenuto questi documenti il passo successivo prevede di
mettersi in regola con la previdenza sociale e con la copertura
sanitaria. Occorre recarsi in un ufficio fiscale (Finanzamt) con
Anmeldung e Steueridintetifikationsnummer e compilare un modulo la cui
compilazione definisce la fascia fiscale in cui occorre essere inseriti.
Dopo pochi giorni si riceve, via posta, la tessera per la previdenza
sociale e un codice di identificazione per ricevere i contributi
tedeschi.
Un percorso tutto sommato semplice in confronto ai
labirintici e kafkiani iter di casa nostra. Ma non è soltanto la
snellezza della burocrazia tedesca a invogliare a partire. Innanzitutto
c’è un’economia sana, capace di premiare i giovani con
retribuzioni e contratti coerenti con formazione, titoli di studio e
background professionale, secondariamente un trend occupazionale in crescita che nell’ultimo trimestre del 2012 ha fatto registrare 35mila disoccupati in meno.
Last but not least, gli stipendi.
Un chimico fresco di laurea assunto in un’azienda tedesca comincia con
uno stipendio che arriva a 48mila euro lordi l’anno, stesso discorso per
gli ingegneri qualificati che possono arrivare a guadagnare oltre
63mila euro annui. Nel settore dell’Information Technology si passa dai
67mila euro lordi annui di un project manager ai 110mila di un
responsabile dello sviluppo.
E le tasse? Fino a ottomila euro è
prevista un’esenzione, inoltre, vi sono alcune deduzioni legate ai premi
assicurativi, alle donazioni e alle spese sostenute per la formazione
professionale e il mantenimento dei coniugi. Il sistema fiscale ha una
particolare struttura a tre livelli: accanto alle tasse federali, ci
sono quelle regionali e comunali.
Per quanto riguarda le aziende:
1) le imprese che risiedono in Germania pagano le tasse sui redditi
prodotti ovunque; 2) le imprese non residenti pagano le tasse solamente
per i redditi prodotti in Germania.
L’IVA (che
ha attualmente un’aliquota al 19%) si applica su tutte le movimentazioni
di merci e servizi, ma vi sono alcuni servizi, per esempio quelli
finanziari e sanitari, che ne sono esenti.
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